Loredana Baldin
"Filorossofilo"

La scultura, come tutti ben sanno, fra tutte le arti è l'unica che sembra riassumere in se la potenza creatrice di quello che comunemente chiamiamo spirito (o Dio); e le tante occulte e misteriose forze della natura.
Ciò grazie alle capacità dello scultore che sa sottomettere alla propria volontà i quattro elementi di cui gli antichi ritenevano fosse composto l'universo: la terra, che dà le vene dei suoi metalli e l'argilla per i modelli e le forme; l'acqua, che consente di ammorbidirle e di impastarle; l'aria, che ridotta spesso ad una sottilissima lamina, si nasconde tra le pieghe della matrice per lasciare il posto all'onda del metallo che liquefatto dal fuoco, ad un dato momento, vi si precipita e vi si rapprende.
Come altri, e giustamente, hanno già in più occasioni detto: "Le opere di Loredana Baldin sono figure dell'impossibile, giocano con le leggi della gravità e giocando definiscono lo spazio".
E ancora: "Ogni suo lavoro rappresenta l'idea che volare con la vitalità della mente e del corpo è, forse, uno dei rapimenti più efficaci per contattare e ritrasmettere energie ponendosi con sé e verso il mondo secondo un abito mentale di relazione e di positiva disposizione".
Ed ecco che ora, qui, un Libro - allacciato magicamente da un lungo e serpentinato filo di colore rosso - armonicamente ci appare.
Pura emozione.
Piano piano si dispiega al dischiudersi delle porte della cabina dell'ascensore; per infine rinascondersi al serrarsi delle sue antine.
Diventa una "Porta Regale", come una icona.
Nel suo immaginifico scendere e risalire, nel suo transitare, ci consente una stravagante comprensione spaziale, restando contemporaneamente un supporto del sogno.
Perché questo particolarissimo libro con noi, e per noi, in alto e in basso, è più che mai uno strumento di libertà.
A piacimento lo potranno perciò abitare i condomini e i loro ospiti; le tante persone che qui vengono per le tante cose importanti da fare: con appresso responsabilità, preoccupazioni, pensieri nella vita.
Capiteranno, poi, sicuramente, veloci visitatori che non possono più "sprecare" tempo prezioso nel leggere un racconto, una poesia, un romanzo.
Ma non si entra nel mondo dell'arte per fuggire dal mondo, bensì per inserirvisi; non per sfuggirgli, ma per entrarvi.
Nell'arte non può esserci la realtà, ma c'è la verità. E forse è proprio questa la vera fonte di quella dolorosa, intensa sensazione di riconoscimento misto a estraneità, di guadagno e di perdita, che proviamo in presenza dell'arte.
La sensazione cioè che questo mondo sia casa nostra, certo, eppure noi non ci sentiamo a casa, che il mondo stesso sia sempre alternativo.
Warhol ha detto una volta che la gente dovrebbe appendere al muro i soldi, invece delle opere d'arte.
Il pubblico, infatti, oramai pensa più a quanto costa un'opera d'arte che a ciò che rappresenta.
Se la gente vuole mettere in mostra la propria ricchezza farebbe bene ad appendere al muro i certificati azionari e cose del genere.
Il problema è che dovremmo smettere di parlare di denaro e cominciare a parlare del contenuto delle opere.
Il piacere che traiamo dell'arte è il piacere dolcemente malinconico di cogliere qualcosa che non c'è più e nel contempo è ancora presente, anche solo come traccia.
Nell'arte entriamo in un mondo che non esiste, non è mai esistito, che è del tutto immaginario eppure assolutamente reale. In ogni istante il tempo ci sfugge, in ogni istante di tempo noi sfuggiamo a noi stessi.
Ci spogliamo costantemente del nostro Io più profondo, in modo invisibile, impalpabile come se fosse fatto di squame.
Dove va a finire questa parte della nostra essenza che perdiamo? Dove è conservato ciò che eravamo un tempo, ciò che un tempo corrispondeva a "noi"?
Ecco quello che questa realizzazione della Baldin intende suggerirci se ci capiterà per ventura di salire o scendere, di aprire o chiudere questo scrigno. Qui, per queste "antiche scale".
Potrà allora forse succederci di avere per la testa un verso, un rigo, una frase appena; un brano letterario di cui si ha un vago, ossessivo ricordo.
Ci potrà accadere che non avremo il tempo, l'energia, la pazienza per andarlo a cercare, per riprenderlo fra le mani; e cercare di svelare il mistero del perché continua a ronzarci per la testa.
Qualche grande verità, probabilmente, ci verrà rivelata, in un codice che forse non siamo in grado di decifrare.
Ma decifrare quel codice non è importante, non è necessario.
In realtà, in un'opera d'arte il significato consiste nel codice stesso.
La sua attualità, immediatezza, presenza (quasi) fisica della letteratura vivente, è qui quello che siamo invitati a condividere.
La libertà, la fantasia, la soggettività e la piacevolezza dell'opera saranno quindi l'unica regola.
Il filo rosso è pronto per noi, per ogni idea o emozione che si voglia comunicare. Ed anche per fantasticare, sognare, sentire ed emozionarsi.

                                                                                                                                                                                            Carlo Sportelli

14/6/2007
Roma. Lift Gallery