VICINANZE
Non vorrei iniziare con una riflessione sul ruolo della critica, sul se e quanto debba essere distaccata nel presentare un artista, ma confesso che, quanto mai, in questa occasione ho vissuto personalmente una certa difficoltà. Eva Gerd ha minato la mia certezza nella scrittura costringendomi a misurarmi con lei, è ovvio, ma anche con me e con il mio stesso lavoro.
Non è stato semplice scrivere del suo. Meglio viverlo sulla propria pelle. Ne emerge una modalità espressiva tipicamente femminile, si percepisce la lentezza e la precisione quasi "antica" nella realizzazione - dettata dal ritmo del cucito e del tempo della riflessione - anche se è assolutamente contemporanea la sua analisi del corpo, quale campo di ricerca emotiva e fisica.
Le sculture/organo, i disegni, la performance sottendono un percorso complesso che parte dalla più intimistica analisi e si apre all'esterno in una espressione solo apparentemente ancorata all'io dell'artista.
La personalità discreta di Eva e la sua naturale propensione al nordico silenzio impongono una visione partecipata del suo lavoro. L'iniziale separazione tra artista e visitatore si trasforma in implicazione personale quando il percorso introspettivo dell'artista muta in reale svisceramento del sé, proiettato all'esterno attraverso gli organi trasposti nella dimensione performativa. La Gerd offre completamente se stessa e la condivisione visiva si trasforma in coinvolgimento emotivo e tattile, in un incastro di sottili tensioni rimandate tra attore e spettatore. Ed è allora che il limitare tra i due si fa labile, si sfuma in un processo di introiezione e traslazione personale.
Come il suo lavoro, o meglio, come l'artista stessa passa dalla riflessione intima alla dimensione pubblica e relazionale, anche l'ascensore vive questa duplicità, seppure d'occasione: da spazio solitario ritagliato per i propri pensieri, diviene ambiente di obbligato confronto fisico - talvolta serenamente piacevole, talaltra imbarazzante – nei viaggi in compagnia.
Intorno a ciò si sviluppa Vicinanze, concretandosi in un ulteriore passo avanti nella ricerca dell'artista, che diviene essa stessa protuberanza organica. Non più, quindi, soltanto i suoi organi- che portano i segni delle cuciture sulla stoffa - sono trascinati e osservati fuori da sé, ma proprio lei emerge come parte di un altro corpo, motore pulsante, vitale e connettivo di un insieme organico più ampio: il condominio. Non solo, al tempo stesso è ancella che inizia ad un percorso introspettivo in bilico tra la dimensione privata e l'imbarazzo di un tragitto a due.
Eva lavora sulla sensibilità di colui che attraversa il palazzo e gli propone, dunque, un viaggio parallelo, l'assunzione di una coscienza fisica e mentale più profonda. Il sé, l'altro, lo spazio quale mezzo vivo.
Lei, parte di questo corpo ascensionale, si sdoppia in un gioco di ruoli che scompare nell'istallazione finale, lasciando solo la traccia di questa vita, non autonoma, ma anch'essa parte organica del più complesso sistema. Elemento centrale, che lega e mostra la sua natura nel battito e nello scorrere dei fluidi, come reflussi di primigenie sensazioni, memorie ancestrali e paesaggi sonori curati dal musicista Carlo Battisti, fondamentale vicinanza per questo viaggio di Eva Gerd.
Federica La Paglia